IL TRIBUNALE

    Alla  pubblica  udienza  del  29 marzo  2001,  nella controversia
iscritta  al  n. 89662  del ruolo affari contenziosi civili dell'anno
1999  tra  Mole'  Salvatore  e  il  Ministero delle finanze (Fondo di
previdenza per il personale del Ministero delle finanze),

                            Premesso che

    Con  ricorso  depositato  in cancelleria il 13 aprile 1999, Mole'
Salvatore,  dipendente del Ministero delle finanze dal 1 ottobre 1960
al 31 ottobre 1998, esponeva di avere chiesto in costanza di rapporto
al  Fondo  di previdenza per il personale del Ministero delle finanze
una anticipazione sull'indennita' di fine rapporto ai sensi dell'art.
4  n. 2  d.P.R.  n. 1034/1984,  concessagli il 21 gennaio 1988 per L.
12.150.000;  che alla cessazione del servizio in data 31 ottobre 1998
sorgeva  il  suo  diritto  al  trattamento  di fine rapporto detratta
l'anticipazione  gia'  percepita;  che  il  26 gennaio  1999 riceveva
l'importo   a   conguaglio   decurtato  dell'anticipazione  percepita
maggiorata  degli  interessi  legali  maturati dal 21 gennaio 1988 al
31 ottobre  1998,  ammontanti a L. 10.206.000, applicati dal Fondo in
virtu' dell'art. 6, ultimo comma, d.P.R. n. 1034/1984;
    Il  ricorrente  deduceva  che  il rapporto di lavoro dei pubblici
dipendenti   e'   stato   ricondotto   nell'ambito  della  disciplina
privatistica  del  rapporto  di  lavoro  attraverso un iter innoativo
iniziato  con la legge delega del 23 ottobre 1992, n. 421, conclusosi
con  il  d.lgs.  n. 29/1993 che all'art. 2 prevede che "i rapporti di
lavoro   dei   dipendenti   delle   amministrazioni   pubbliche  sono
disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II del Libro V del
codice  civile  e  dalle  leggi  sui  rapporti  di lavoro subordinato
nell'impresa (...)";
    Secondo  il ricorrente tale estensione di norme rende applicabile
alla    fattispecie   l'art. 2120   c.c.   il   quale   prevede   che
l'anticipazione  "viene detratta, a tutti gli effetti dal trattamento
di  fine  rapporto"  senza  alcuna  maggiorazione, dovendosi ritenere
implicitamente  abrogato  l'art. 6, ultimo comma, d.P.R. n. 1034/1984
che prevede che "l'indennita' di cui ai commi precedenti e' liquidata
detraendo   l'eventuale   anticipazione   di  cui  all'art.  4  n. 2)
maggiorata degli interessi legali";
    Il  ricorrente,  pertanto,  sollevava, precisandone i termini con
note,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6, ultimo
comma, d.P.R. n. 1034/1984 in relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost.;
    In   particolare   il   ricorrente   evidenziava   che  la  Corte
costituzionale  con  le sentenze nn. 99 e 243/1993 ha riconosciuto la
natura  di  retribuzione differita con funzione previdenziale (quella
di  far  superare al lavoratore le difficolta' economiche conseguenti
al   venir   meno  del  trattamento  retributivo  per  effetto  della
cessazione  del  rapporto  di  lavoro) di tutte le indennita' di fine
rapporto,  di  natura  pubblica  o  privata,  ed  ha chiarito che "la
rilevata  identita'  di natura e di funzione delle indennita' di fine
rapporto  esclude - in ragione del principio di uguaglianza stabilito
dall'art. 3  Cost. - che le varieta' di struttura e di disciplina che
esse  presentano  nei  vari  settori  del  lavoro subordinato possano
tradursi  in  sperequazioni  sostanziali, salvo che queste ultime non
siano   razionalmente   collegabili  a  specifiche  diversita'  delle
situazioni  regolate, tali da giustificare una diversa considerazione
delle  esigenze alle quali si riferisce la funzione economico-sociale
dell'istituto"  (sent.  n. 243/1993), diversita' della situazione che
nel caso di specie non ricorre;
    Secondo    il   ricorrente   l'art. 6,   ultimo   comma,   d.P.R.
n. 1034/1984, viola il principio di uguaglianza stabilito dall'art. 3
Cost.,  atteso  che  il  dipendente  pubblico,  alla  cessazione  del
rapporto,  puo'  vedere  sensibilmente  ridotta  l'indennita' di fine
rapporto   (come   e'  accaduto  per  il  sig.  Mole)  attraverso  la
maggiorazione  degli  interessi  legali  calcolati sull'anticipazione
goduta  rispetto  al  dipendente  privato  nei  cui  confronti non e'
prevista alcuna maggiorazione;
    Scondo il ricorrente l'articolo in questione si pone in contrasto
anche  con  gli artt. 36 e 38 Cost., atteso che nel caso di specie il
t.f.r.  ha  subito  una diminuzione di circa il 60%, in contrasto con
l'art. 36  della Costituzione che stabilisce che la retribuzione deve
essere  adeguata  e  sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua
famiglia  una  esistenza  libera  e  dignitosa, e con l'art. 38 della
Costituzione essendone stata snaturata la funzione previdenziale;
    Ritenuto   che  la  questione  sollevata  non  e'  manifestamente
infondata;
    Rititenuto   che   il   giudizio   non   puo'   essere   definito
indipendentemente  dalla  risoluzione della questione di legittimita'
costituzionale prospettata dal ricorrente;